Bergamo, terra di San Marco
– È Bergamo, quel paese?
– La città di Bergamo, – rispose il pescatore.
– E quella riva lì, è bergamasca?
– Terra di san Marco.
– Viva san Marco! – esclamò Renzo.[1]
Così Renzo Tramaglino, protagonista dei Promessi sposi di Alessandro Manzoni, si rivolge al pescatore che lo traghetta da una riva all’altra del fiume Adda indicando la “macchia biancastra che aveva veduta la notte avanti”[2]. Ma se la macchia biancastra si tratta di Bergamo, come mai il pescatore dice che la riva bergamasca dell’Adda è “terra di San Marco”? Perché il territorio bergamasco “nel 1428 passò sotto il dominio di Venezia e vi restò, abbastanza quietamente, sino all’epoca napoleonica.”[3] Così Renzo, quando fugge dai tumulti in cui si è imbattuto nel Ducato di Milano e oltrepassa l’Adda, lascia il territorio milanese ed è finalmente in salvo sotto l’ala protettrice del leone di San Marco, simbolo della Repubblica di Venezia.
“I lunghi secoli in cui [Bergamo] fu dépendance di San Marco ne hanno fatto un’incarnazione squisita del sentimento della provincia” e Bergamo, che non fu mai a lungo capitale di territori, mai si purgò della sua “rusticità originaria”, ma “la elaborò e la raffinò, senza ripudiarla”.[4] Infatti, sfruttando il suo status di provincia, la città cresce militarmente, economicamente e artisticamente nei secoli grazie al ruolo strategico che gioca all’interno dei territori della Serenissima in quanto avamposto occidentale della Repubblica.
Dal punto di vista militare e doganale Venezia rafforza le mura che i Visconti hanno fatto costruire per proteggere i borghi intorno alla Città Alta, ovvero la parte di Bergamo che si trova su un colle che la pone in posizione sopraelevata rispetto alla Pianura Padana, e che si univano alle fortificazioni presenti sul colle. Nel 1560, a causa dei ripetuti scontri militari con il Ducato di Milano, la Repubblica di Venezia amplia anche le mura intorno alla stessa Città Alta e comincia la costruzione delle imponenti Mura venete, tuttora perfettamente conservate e dal 2017 patrimonio mondiale dell’umanità.
La posizione strategica di Bergamo non è però solo militare, ma anche economica.
Da Bergamo passano infatti in direzione di Venezia manovali dalla Val Brembana e soldati dalla Svizzera e dalla Germania, in direzione opposta invece merci provenienti dall’Oriente.[5]
Anche artisticamente i vantaggi del rapporto tra Venezia e Bergamo sono reciproci. Se da un lato gli artisti bergamaschi faticano ad affermarsi a Venezia, dove la concorrenza è altissima, diversi sono coloro che, dopo l’apprendistato nella capitale della Serenissima, ritornano nel territorio bergamasco e contribuiscono così a portare le novità dal centro della Repubblica alla periferia.[6] I pittori che invece, dopo essersi trasferiti a Venezia, sono riusciti a integrarsi e sono rimasti nella capitale mantengono sempre rapporti con il territorio natio e tornano più avanti a Bergamo come pittori affermati oppure inviano le loro opere per abbellire chiese, monasteri e palazzi nobiliari del territorio bergamasco.[7] Inoltre molti artisti veneziani ricevono commissioni da ricchi nobili bergamaschi che vogliono mostrare il proprio potere sfoggiando le opere d’arte dei pittori più famosi: un esempio fra tutti è la presenza del pittore veneziano Lorenzo Lotto a Bergamo dal 1523 al 1525 per decorare l’oratorio della famiglia Suardi.[8]
Nel campo della musica l’artista più illustre di Bergamo è sicuramente il compositore Gaetano Donizetti, nato nei pressi di Porta Sant’Alessandro da una famiglia di umilissime origini nel 1797 (anno in cui Bergamo cessa di essere dominio Veneziano) e ammesso a studiare musica grazie alla scuola caritatevole guidata dal suo maestro Johann Simon Mayr.[9] Il compositore vive a lungo lontano dalla sua città natale, prima a Napoli e successivamente a Parigi, ma viene riportato a Bergamo grazie all’intervento di alcuni amici poco prima di morire nel 1848. A Bergamo si trova oggi un conservatorio, erede della scuola caritatevole di musica di Mayr, che porta il nome Istituto Superiore di Studi Musicali “Gaetano Donizetti”, così come un Teatro Donizetti e un Museo Donizettiano, dove è custodito anche l’ultimo pianoforte del compositore.
Altro personaggio bergamasco che ha profondamente modificato il volto, o meglio il cuore, della sua città è il capitano generale della Repubblica di Venezia Bartolomeo Colleoni (1400 circa – 1475). Il Colleoni intraprende la carriera militare e, cambiando più volte di fronte tra Milano e Venezia, riesce infine a raggiungere la carica da lui desiderata, ma proprio quando le due potenze firmano una pace che lo costringe a lasciare memoria di sé non sul campo di battaglia, come da lui sperato, ma “solo” nel campo SS. Giovanni e Paolo a Venezia, attraverso la statua equestre realizzata da Andrea del Verrocchio, e in piazza Duomo a Bergamo, dove fa erigere la monumentale cappella Colleoni progettata da Giovanni Antonio Amadeo.[10]
La storia e la bellezza della città di Bergamo restano purtroppo sconosciute alla maggior parte dei turisti italiani e stranieri che o si recano all’aeroporto Orio al Serio, a pochi chilometri a sud di Bergamo, per proseguire verso mete più esotiche oppure, dopo essere atterrati, continuano direttamente alla volta di Milano. Nel 2023 Bergamo sarà, insieme a Brescia, capitale italiana della cultura e quale occasione migliore per cominciare a conoscere questa perla della Lombardia.
[1] Alessandro Manzoni, I promessi sposi, a cura di Angelo Marchese, Mondadori, Milano 1985, p. 315.
[2] Ibidem.
[3] Edoardo Pepino, Al lettore, in Bergamo, Giovanni Gavazzeni, Simone Facchinetti, Stefan Krause, Massimo Listri, Fontanellato (Parma), Franco Maria Ricci 2021, p. 7.
[4] Ibidem.
[5] Cfr. Giovanni Gavazzeni, Sento l’orme di Bergamo, in Bergamo, op. cit., pp. 24-26.
[6] Ad esempio Fra’ Galgario (Vittore Ghislandi) o Bartolomeo Nazari. Cfr. Simone Facchinetti, Opus factum Venetiis. Pittura a Bergamo ai tempi della Serenissima, in Bergamo, op. cit., pp. 80.
[7] Come ad esempio Palma il Vecchio. Cfr. ivi, pp. 61-62.
[8] Cfr. ivi, pp. 63-64.
[9] Cfr. Giovanni Gavazzeni, Sento l’orme di Bergamo, op. cit., p. 19 e 26.
[10] Cfr. Stefan Krause, Bartolomeo Colleoni. L’uomo dietro al cavaliere di bronzo del Verrocchio, in Bergamo, op. cit., pp. 147-189.